Anche se in passato l’improvvisazione è stata materia praticata dai “musicisti geni” dell’epoca (Mozart, Bach, Chopin, ecc.), in quanto loro, prima di altri, in maniera estemporanea, avevano ben compreso il rapporto tra melodia ed armonia, la “prassi artistica di tipo compositivo”, tuttavia , era quella di scrivere il tutto su pentagramma al fine di tramandare ai posteri la loro eccellente attività musicale – compositiva. Ma i grandi musicisti del passato conoscevano le regole della composizione anche se forse non le avevano mai studiate; ed è proprio in considerazione dell’analisi musicale delle loro opere che si sono create le “regole”. Regole, semplicemente scoperte e sperimentate, ma già esistenti in natura.
Sulla base di queste considerazioni, all’inizio del XX° secolo, vista anche la grande possibilità di comunicazione intellettuale ed artistica tra le popolazioni del mondo (sicuramente maggiore rispetto a quella del passato), si è ritenuto proporre un nuovo modo di fare e comporre musica. Di fatto di nuovo non c’era nulla. Ma sicuramente si vuole da adesso in poi dare maggiore importanza alla figura del compositore in luogo di quella dell’esecutore. L’esecutore (strumentista) doveva solo eseguire la grande musica, scritta da altrettanti grandi musicisti; questo risultava non essere più sufficiente per essere “denominato musicista”. Il compositore (il musicista, non solo lo strumentista) doveva d’ora innanzi scoprire nuove regole, speculando ed approfondendo lo studio delle opere dei grandi musicisti del passato e pertanto “inventando” nuovi linguaggi ed estetiche che hanno prodotto la cosiddetta estemporaneità compositiva (improvvisazione). Questo significava che, vista la profonda ed acquisita qualità conoscitiva della musica e delle sue regole, non ci sarebbe stato più bisogno di scrivere in maniera dettagliata su pentagramma, ad esempio, la parte armonica (la mano sinistra del pianista per intenderci), bastava da adesso in poi scrivere semplici sigle per comunicare l’armonia di una composizione. La melodia rimaneva identica: elemento discriminante e determinante di una composizione. In realtà lo era anche prima, ma da adesso in poi il tutto avrebbe assunto una modalità relativa alle conoscenze musicali, più o meno profonde, dell’esecutore – musicista. Da quel momento in poi una composizione suonata da un strumentista o da un altro, sarebbe stata uguale per quanto concerne la melodia, ma profondamente diversa da un punto di vista armonico. Ecco che l’esecutore – strumentista, lascia sempre più spazio al musicista – compositore.
La grande possibilità di gestione armonica di un brano permise anche il cambiamento della melodia stessa, sia pure in minima parte. Questo avveniva in considerazione dell’estro e della creatività del musicista che automaticamente interagiva con il compositore originale, creando nuove melodie e legami armonici, derivanti dalle diverse soluzioni armoniche adottate. Tutto ciò avveniva sempre più spesso, quasi come gioco, in via del tutto estemporanea. Il nuovo musicista – esecutore e compositore, improvvisa soluzioni armoniche differenti, cambiando o mantenendo la melodia originale, sulla base di regole ferree che i grandi compositori del passato adottavano, ma che gli stessi per esigenza comunicativa della loro poetica artistica, erano costretti a scegliere una e sola soluzione di tipo melodica – armonica che andava fissata su di un pentagramma, non in quanto l’unica possibile, ma in quanto maggiormente esteticamente congeniale, in quel momento, a loro stessi.